Tuina dei campi concentrici

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Occhi che sognano la primavera

Con Dante ho un rapporto profondo, lo sento veramente come un antenato. Sicuramente gioca molto il fatto che sono toscana (un mistosangue fiorentino-pisano-aretino-senese) ed espressioni della Divina Commedia che, per molti parti d’Italia, sono astruse e necessitano di parafrasi, io le ho sentite usare fin da piccola dai nonni. La sua lingua antica per me è un lessico familiare, ma molto ha contribuito anche la frequentazione con un’edizione ottocentesca della Commedia, donata alla mia famiglia dai conti presso cui la nonna paterna prestava servizio. Durante le feste, il volume era oggetto di consultazione, nonno declamava alcuni canti a memoria e il mondo dell’aldilà ha cominciato a prendere forma nel mio immaginario grazie alle chine di Gustav Doré.

Celebrando il Dantedì, il 25 marzo, si toccano aspetti storici, religiosi e letterari. Fin dal Medioevo, in questa data per Firenze iniziava l’anno e così è stato fino al 1750. Era un uso chiamato “ab incarnatione“, cioè l’inizio dell’anno partiva dall’incarnazione di Cristo, avvenuta nel momento in cui l’angelo Gabriele annuncia a Maria la gravidanza. Nel culto mariano dell’Annunziata, nell’omonima chiesa e nel ritratto miracoloso dell’angelo e della Madonna risiedeva il vero cuore religioso della città. Dante colloca il viaggio nell’oltretomba, oggetto della Commedia, proprio il 25 marzo. È quindi un inizio spirituale quello che dà il via all’opera in versi più importante della letteratura italiana. Ma non si tratta solo di letteratura: l’idea di un’Italia unita sotto una stessa lingua, l’italiano, viene da qui. Dante chiamava l’Italia “il bel paese dove il sì sona”. Lo scarto per capire qual è la lingua è quindi la parola ““. Un atto di forza, come l’azione dolce ma decisa di Maria, che all’angelo risponde “sono pronta”. La via dello spirito non è mai facile, ma nella consapevolezza trova inarrestabile forza.

Quando pronunciamo la parola “Dante” spesso scattano alcuni meccanismi automatici:

  • ricordi repulsivi di noiose ore scolastiche e interrogazioni imbarazzanti;
  • lezioni magistrali di ermeneutica dantesca per soli esperti a gareggiare in termini e citazioni che hanno più bisogno di note esplicative della Commedia stessa;
  • l’immagine arcigna di Dante, con la bocca sdegnata in una smorfia di amarezza, l’aggressivo naso aquilino e gli occhi severi pronti a emettere un giudizio inappellabile solo con lo sguardo.

Tra i percorsi del mio metodo c’è anche “Sessioni di metafora & Co.” basato sulla lettura della Divina Commedia, con l’intenzione di smontare i meccanismi automatici di cui sopra. L’idea è quella di cominciare a frequentare Dante, familiarizzare con l’italiano antico, ascoltare i suoi racconti, capire che cosa aveva nel cuore e poi nel cervello e poi, per chi crede, nello spirito. E riguardo al suo volto, sapevate che l’immagine severa e respingente alla base della più diffusa iconografia è ispirata al calco del viso della sua maschera mortuaria? Come se potessimo capire il valore e l’identità di qualcuno dal suo volto ormai esanime… Osservando il particolare riportato dell’affresco (conservato a Firenze, nel Palazzo dei Giudici e dei Notai), spicca lo sguardo sognante di un giovane, nella primavera della sua vita, con gli occhi che ispirano amore, guardano l’amore, vivono per l’amore. E se si dovesse dire perché è stata scritta la Commedia, la risposta sarebbe sempre: per l’Amore. Ma, proprio come per la via spirituale, l’amore non è una via semplice… Dante ci ha lasciato tre cantiche solo per darci un’idea!

Perché un percorso del metodo Tuina dei campi concentrici riguarda questo argomento? Leggere la Divina Commedia, frequentare metafore e sinestesie è un esercizio del cervello limbico, un allenamento all’apertura di spazi e dimensioni dove sembra che i livelli, i sensi, le prospettive siano ridotte al minimo. Ad alcuni clienti do libero accesso agli incontri che teniamo settimanalmente con un gruppo di appassionati. Se è vero che imparare una lingua nuova apre sempre nuovi orizzonti mentali, entrare in contatto con l’italiano antico rafforza le radici, innesca la potenza di senso di alcuni termini di cui non conoscevamo l’etimologia e che usavamo inconsapevolmente.

E poi, leggendo il nostro antenato, compaiono anche degli… effetti speciali! La Divina Commedia è un’opera alchemica, trasforma mentre la si legge: è un percorso iniziatico che ti immerge nell’Inferno, ti purifica nel Purgatorio e, quando ne esci, ti accorgi di essere diverso. Per cominciare, marzo è perfetto. Secondo la tradizione alchemica, seguendo il disegno della creazione del mondo, ogni “grande opera” comincia sotto il segno dell’Ariete. È primavera, «l’ora del tempo e la dolce stagione» (Inf. I, 43), l’ora del risveglio della natura, dei sensi, della coscienza. La mia cara amica Marianna, di fronte ai bulbi fioriti, con un settenario pieno della grazia che la contraddistingue, ha detto: «Ogni volta è come la prima volta».

A noi l’inizio di quello che ci sta più a cuore, il cielo e la terra sono con noi per realizzarlo.