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L'ordine della rosa

Di fronte a una semplice rosa ci troviamo al cospetto di uno dei simboli più usati e densi di significato che hanno attraversato i secoli. Nelle opere scritte o dipinte dagli esseri umani è stata:

  • allegoria di qualcosa di prezioso e fugace come la bellezza, la gioventù, l’amore e, a seconda del colore, la passione, la purezza… 
  • emblema dell’essenza, della sostanza (dal latino “ciò che sta sotto”) che prorompe come una verità evidente, oltre le forme convenzionali, dettate dalle parole. Non diceva questo il celebre passo del Romeo e Giulietta di Shakespeare? «Che cosa c’è in un nome? Quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d’un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo»
  • simbolo mistico: la “candida rosa” è luogo di raccolta delle anime nel Paradiso di Dante, richiamo del simbolo della “rosa mistica“, associata anche al calice in cui fu raccolto il sangue di Cristo, il Graal. Ma “rosa mistica” è anche un attributo della Vergine, nelle litanie mariane. E il suo nome è associato all’antico ordine esoterico dei Rosa-Croce.

Diciamocelo fuor dai denti: leggendo di lei, la rosa mette un po’ soggezione. Ma quando te la trovi davanti, così “sbocciosa” tra le spine, con un fogliame esteticamente discutibile, una forma del cespuglio tendenzialmente disarmonica, spesso preda di afidi, ruggini, muffe, cetonielle (ossia Oxythyrea funesta, e il cognome parla da sé), capisci che quell’impegno vale la pena. 

Con quella sua bellezza caduca e variopinta, questa regina spettinata dall’equilibrio precario ci ricorda che la classe non è acqua, ma come l’acqua sicuramente è semplice e tenace. Da una spina può nascere il velluto, da un arbusto sbilanciato e spesso spelacchiato un profumo che “addora a cient pass”, come recita la più bella canzone napoletana, Era de maggio.

Ma il bello è che fiorisce anche in estate, a metà luglio, con il grano mietuto. Il solstizio d’estate è già passato, anche lei sfiorirà. Se questa malinconia che avvertite ha un sentore di rosa, forse percepite un ricordo ancestrale dei Rosalia, un culto dei morti che i romani celebravano tra l’11 maggio e il 15 luglio.

Con la sua sfacciata o timida presenza, grazie a tutto quello che è stato scritto, la rosa ci mette di fronte al tempo, all’anima, al senso della vita. Ma lei non parla: «Una rosa non ha bisogno di predicare», faceva notare Gandhi, «si limita a diffondere il proprio profumo». E Rainer Maria Rilke, il poeta capace di vedere lo spirito, dicendo «ci sono momenti in cui una rosa è più importante di un pezzo di pane», ci apre gli occhi sul vero nutrimento.

Il profumo di rosa, vero e metaforico insieme, è il profumo del mistero. Non so, non voglio dirvi quale sia il suo ordine, ma almeno ascoltare uno dei suoi comandi silenziosi, e tuttavia imperiosi come solo una regina può dare; un imperativo che condivide con tutti i sudditi del suo regno vegetale: “a qualunque costo, pure se non siamo proprio in condizioni, anche fuori stagione: fiorire!”